Nella seconda metà degli anni Ottanta, Massimo D’Alema (Roma, 1949) si è affermato come uno dei dirigenti di spicco del Partito comunista italiano, ricoprendo anche il ruolo di direttore del quotidiano del partito, l’Unità, tra il 1988 e il 1990. In seguito sarebbe diventato segretario nazionale del Partito democratico della sinistra e dei Democratici di sinistra, oltre che membro del Partito democratico e vicepresidente dell’Internazionale socialista. I suoi incarichi istituzionali (Presidente del consiglio tra il 1998 e il 2000, Ministro degli Affari Esteri nel 2006-2008) lo hanno condotto a calcare le scene della politica internazionale, i cui equilibri – fondati per quasi cinquant’anni sui codici della guerra fredda – hanno conosciuto proprio a partire dal 1989 una ricomposizione a dir poco radicale. All’indomani della caduta del Muro, l’Unità parlò del 9 novembre 1989 come del “giorno più bello per l’Europa”. Trent’anni dopo quegli eventi, Massimo D’Alema riflette in maniera critica e appassionata sull’eredità di quel Muro nell’Europa del XXI secolo.
Intervista condotta da Roberto Ventresca.