Vagabondare a Berlino. Intervista a Gian Piero Piretto
In occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna desidera condividere l’intervista, a cura di Matteo Cavalleri, fatta a Gian Piero Piretto in occasione della sua ultima pubblicazione Vagabondare a Berlino. Itinerari eccentrici tra presente e passato (Raffaello Cortina Editore, 2020).
Gian Piero Piretto è stato docente di Cultura russa e Metodologia della cultura visuale alla Statale di Milano, ed è uno dei più importarti studiosi italiani di cultura sovietica.
Il suo recente volume costituisce un’occasione molto interessante, perché Berlino e l’oggetto muro sono al centro di un Progetto europeo – Breaching the Walls. We do need education! – del quale la Fondazione è capofila e che vede il coinvolgimento di altri 5 partner internazionali: l’Università di Bielefeld, l’Institute of Contemporary History di Praga, il Comune di Tirana, l’Associazione Past/Not Past di Parigi e l’History Meeting House di Varsavia.
Vagabondare a Berlino offre alcuni spunti essenziali e fondamentali rispetto all’arte del camminare in una città satura di tracce storiche e memorie, al piacere della camminata, al binomio passo e sguardo, con il rispetto che merita ogni forma di oggetto culturale e con la curiosità di “scantonare” ad ogni passo.
Piretto ci racconta che cosa significava passeggiare a Berlino con il muro ancora presente, svelandoci come sia all’Est che all’Ovest si fosse imparato a evitare i percorsi che portavano a cozzare contro di esso.
Parallelamente, l’autore riflette sulle diverse esperienze che Berlino offre oggi del muro, passando da una critica ai fenomeni di brandizzazione e sterilizzazione, previa commercializzazione, di una memoria traumatica – come accade ad esempio al Checkpoint Charlie –, a puntuali riflessioni sul ruolo fantasmatico del muro, il suo essere un antimonumento – ovvero una presenza solo accennata, che però trova in questa cancellazione una sua possibile riassunzione problematica – e sul ruolo dell’arte – prendendo ad esempio il diorama di Yadegar Asisi – come strumento essenziale per evocare, senza consumare ed esaurire, una memoria complessa e problematica, come occasione per pensare la storia che quella memoria ha prodotto.
In sintesi, il consiglio metodologico di Piretto, sulla scorta della figura del flâneur, è quello di viaggiare senza rifiutare il turbamento, la noia o il trauma, pena il perdere la donazione di senso e la profondità storica che ogni oggetto della città, anche il più semplice e quotidiano, porta con sé. Se rifiutassimo tutto questo saremmo, banalmente, turisti.